“Un giorno, nel mezzo di un inverno più rigido del solito, al punto che numerose persone morivano a motivo dei rigori del freddo, mentre non aveva addosso
niente altro che le armi e il semplice mantello militare, sulla porta della città di Amiens, si imbatté in un povero nudo: l’infelice pregava i passanti di avere pietà di lui, ma tutti passavano oltre. Quell’uomo di Dio, vedendo che gli altri non erano mossi a compassione, comprese che quel povero gli era stato riservato. Ma che fare? Non aveva nient’altro se non la clamide, di cui era rivestito: infatti, aveva già sacrificato tutto il resto per una buona opera analoga. Allora, afferrata la spada che portava alla cintura, tagliò il mantello a metà, ne diede una parte al povero, e indossò nuovamente la parte rimanente. Intanto alcuni dei presenti, trovandolo brutto a vedersi a motivo di quell’abito tranciato, si misero a ridere. Molti altri, tuttavia, più sensati, cominciarono a dolersi profondamente di non avere fatto niente di simile, mentre, avendo più vestiti di lui, avrebbero potuto vestire il povero senza denudarsi a loro volta.”
Questa storia, più o meno modificata, la sappiamo tutti. Da bambini spesso ce la raccontavano i nonni o i maestri a scuola. Il militare pagano Martino, morto Vescovo, (che non è nemmeno il frate campanaro della celebre canzoncina con cui viene a volte erroneamente confuso) fa un gesto d’amore, di solidarietà che a noi, i sensati della storia sopra, dovrebbe un po’ non dico scuoterci, ma quanto meno toccarci e sensibilizzarci nell’aiutare la persona che abbiamo accanto che magari ha bisogno di noi, di una mano tesa, di un abbraccio, di un sorriso.
E allora che sia una giornata di festa, di dolci e di vino, ma condiviso, come il mantello rosso di San Martino, con chi oggi non può permettersi la gioia di tanta spensieratezza.