Al Virgilio la testimonianza del giudice Tona

MUSSOMELI – Immagini miste a frasi per accompagnare l’intervento del giudice Giambattista Tona durante la conferenza-dibattito “Il ruolo dello stato e della società civile nella lotta alla criminalità organizzata nel territorio nisseno.” Alle sue spalle, stamattina, nell’auditorium dell’Istituto Virgilio diretto dal preside Sebastiano Lo Conte, le proiezioni dei volti di Falcone e Borsellino, gli scatti di stragi mai dimenticate, e le parole di uomini che hanno fatto la storia della nostra terra. Minuti densi di insegnamenti frutto dell’esperienza di chi definisce eroi i tanti imprenditori che, ogni mattina, alzando la saracinesca del proprio esercizio commerciale, dicono no all’oppressione del sistema mafioso. “Bisogna cercare di fare il proprio dovere con senso di responsabilità e un surplus di coraggio – ha dichiarato il magistrato – Se si è affezionati a quello che si fa non c’è spazio per le intimidazioni o le scorciatoie. Questo è il tipo di orgoglio che bisogna avere.” E lui, di certo, ne sa qualcosa. Lui che va nelle scuole a offrire alle future generazioni la propria testimonianza per far sì che diventi quella di un territorio. Lui che interviene nelle pubbliche manifestazioni affinchè tutta Italia conosca realtà come quella nissena. “A me non piace che si neghi che nelle nostre zone non ci siano problemi, non ci sia la mafia. – ha precisato – Si tratta di atteggiamenti puerili. Se io sono zoppo non lo posso negare. Dire che chi parla di mafia fa male alla propria terra è sbagliato.” La nostra condanna, a suo avviso, è pensare infatti che “munnu ha statu e munnu sarà”. “Dobbiamo abituarci a chiedere a chi pretende qualcosa il perché”, – ha continuato, invitando tutti a non delegare agli altri ciò che spetta anche a noi. “Una domanda che spesso si sente dire è dove sia lo Stato, – ha detto- e mai chi sia. Ma non si può sapere dov’è se non si sa chi è, e se non si comprende che non c’è differenza tra Stato e società civile. Il segreto per combattere la mafia è far prevalere dentro ognuno di noi il buono che c’è, sapendo che c’è anche il peggio. Siate il meglio di qualunque cosa siate diceva Martin Luter King.” E ha dimostrazione di questa sua tesi ha letto il verbale d’udienza di un collaboratore di giustizia di Gela. Nella sua vita quest’uomo ha scelto di stare dapprima da un lato della barricata e poi dall’altro, facendo prevalere ora l’una dopo l’altra faccia della sua anima. All’età di 23 anni cercava il successo ed era disposto a raggiungerlo con ogni mezzo. Così entrò a far parte del clan mafioso della sua città, commettendo gravi delitti che gli costarono il carcere. In seguito alla scomparsa di un conoscente iniziò a temere per la sua incolumità, e così decise di trasferirsi al nord. Qui trovò un lavoro onesto e si creò una famiglia, fino a quando il passato non tornò a bussare alla sua porta. Ma oramai aveva scelto di far prevalere il meglio di sé. Con lui la mafia ha perso, e perde ogni qual volta che docenti come Antonella Granatella, Celestino Saia e Giosuè Marotta, organizzano per gli studenti simili incontri.