S. Stefano Quisquina: il consiglio comunale propone di uscire dal Parco dei Sicani

SANTO STEFANO QUISQUINA – La vicenda “Parco dei Monti Sicani” continua a destare perplessità e titubanze all’interno di alcune amministrazioni dei 12 comuni delle province di Agrigento e Palermo che ricadono nel perimetro della zona protetta dell’area naturale regionale della Sicilia istituita definitivamente il 19 dicembre 2014 dopo l’annullamento del primo decreto istitutivo nel 2010 e del secondo nel 2013.

Giorno 29 settembre 2016, alle ore 19,00, presso l’Aula Consiliare “F. Maniscalco” del Palazzo Municipale è indetta l’adunanza del Consiglio Comunale di S. Stefano Quisquina in seduta straordinaria e aperta per discutere della nuova “richiesta di riperimetrazione alla Regione Sicilia, Assessorato Territorio ed Ambiente, dell’area del Parco dei Monti Sicani, al fine di ottenere l’esclusione del territorio di Santo Stefano Quisquina dall’area protetta.

“La proposta – commenta Enzo Greco Lucchina, Presidente del Consiglio del Comune – nasce dalle pressanti richieste di edificazione avanzate da alcuni cittadini per le quali servirebbe il parere di una commissione del parco. Parere ad oggi mai arrivato e che rende impossibile agli uffici tecnici di espletare il proprio lavoro”. All’adunanza sono stati ufficialmente invitati il Presidente del Parco dei Monti Sicani Francesco Gendusa e l’Assessore regionale all’Agricoltura Antonello Cracolici.

Rispetto agli altri Comuni ricaduti all’interno del Parco dei Sicani, S. Stefano è l’area con maggiori limitazioni poiché è tra tutti il paese più montano e, secondo le disposizioni regionali, i vincoli all’interno della zona protetta (in materia di fabbricazione e “manipolazione del suolo”) aumentano con l’aumentare dell’altitudine. Le aziende storiche collocate all’interno del parco potranno continuare ad operare ma con maggiori difficoltà nell’ampliarsi mentre i terreni compresi nel parco non saranno edificabili: questo potrebbe costituire un limite per una comunità che fa della pastorizia e industria di trasformazione il suo bene primario. Il rifiuto manifestato da una parte di comunità (tra i quali cacciatori, proprietari terrieri e imprenditori agricoli) è quindi in parte conseguenza dell’impossibilità di un dialogo con l’Ente Parco che da anni si trova in una fase grigia di transizione: dopo l’’istituzione si è passati all’immediato commissariamento. Non esiste pertanto un ufficio o una commissione che risponda a richieste che entrino nel merito della gestione dell’area protetta.

“Probabilmente il parco potrebbe essere accettato dalla comunità solo prendesse piede una sua corretta gestione che permetta di intravedere opportunità e, non come adesso, esclusivamente limiti. – si legge tra i tanti commenti dei cittadini che animano la discussione on line a favore o contro il Parco – Tutto quello che è potenzialmente produttivo ad oggi viene danneggiato. Si potrebbe contestare che questa sia una visione miope, che non si è capaci di vedere le nuove opportunità offerte dal settore turistico e che l’ammissione all’intero del parco in realtà creerebbe nuove prospettive economiche: ma siamo abituati ad una politica che schiaccia il presente in nome di un futuro che doveva avvenire e non è mai avvenuto. Da qui la profonda diffidenza nel credere nelle future progettualità che potrebbero legare S. Stefano ad un parco naturale”.