PALERMO – Era il 30 agosto 2015 quando un’assemblea congiunta radunava tutti i sindaci e i consigli comunali del territorio sicano insieme ai cittadini in difesa del diritto insopprimibile alla salute di mamme e nascituri e per ribadire l’importanza dei reparti di ostetricia  di S. Stefano Quisquina e Mussomeli, unici punti nascita dei Monti Sicani.

La data prevista per la chiusura era stata fissata al 1° ottobre, poi scongiurata da una proroga di appena due mesi concessa dall’Assessorato della Salute. Ma non ci saranno deroghe nel 2016 per i punti nascita di Mussomeli e S. Stefano di Quisquina e i sindaci del territorio sembrano essersi rassegnati alla resa accettando la disposizione del Ministero che, come previsto, ha deciso di calare la mannaia sui reparti di ostetricia con meno di 500 parti l’anno in quanto ritenuti al di sotto degli standard di sicurezza. Il provvedimento di chiusura interessa i punti nascita di Petralia, Santo Stefano Quisquina, Lipari e Mussomeli e concede invece una ulteriore proroga agli ospedali Bronte, Cefalù e Licata. Intanto il rinvio dato dalla Lorenzin a soli tre centri siciliani ha innescato la polemica sui criteri presi in considerazione nella scelta, alimentando supposizioni su presunti “equilibri di potere e sull’influenza degli stessi sul Ministero della Salute”, come ha dichiarato dal sindaco di Pollina.

I sindaci dei comuni madoniti chiedono al ministro di riconsiderare la decisione di sopprimere il punto nascite e la invitano ad effettuare un sopralluogo per constatare le condizioni del territorio e verificare le condizioni della ottima struttura ospedaliera, nella quale i requisiti di sicurezza richiesti sono facilmente raggiungibili. E le mobilitazioni non si faranno aspettare: cominceranno dal 5 gennaio le occupazioni ad oltranza dei municipi dei 9 comuni del comprensorio madonita, ed è stata fissata per l’8 gennaio una manifestazione che chiama a raccolta cittadini e amministratori: un corteo di auto percorrerà l’autostrada A19 per raggiungere Palermo dove sarà chiesto un incontro con il prefetto Antonella De Miro.

“Il governo porta avanti una politica di tagli senza valutare opzioni alternative: per questo motivo, chiediamo che si riapra un confronto coi territori per valutarne le situazioni caso per caso, facendo delle scelte che abbiano come interesse supremo la salute di mamme e bambini. Ci preoccupa anche che si stia procedendo alla chiusura di ben 4 punti nascita in Sicilia, senza aver attivato il servizio di trasporto per le emergenze neonatali e il servizio di trasporto materno assistito, lasciando di fatto un pericoloso vuoto proprio in tema di sicurezza”. Lo dicono Leoluca Orlando e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente presidente e segretario generale dell’Anci Sicilia, commentando la decisione del governo nazionale di chiudere i punti nascita. “È necessario – concludono Orlando e Alvano – che su temi delicati come questo si tenga conto di quei casi in cui il presidio sanitario risulti assolutamente indispensabile avendo considerato anche le caratteristiche territoriali e le proibitive condizioni meteorologiche in alcuni periodi dell’anno”.

“L’assessore Gucciardi spieghi ai siciliani come il governo regionale intende interagire con lo Stato per la salvaguardia della salute dei siciliani”, incalza il Movimento 5 Stelle Sicilia chiedendo all’assessore regionale alla Salute di relazionare urgentemente in aula, oltre che in commissione all’Ars, “sullo scellerato provvedimento assunto dal ministro della Salute Lorenzin nei giorni scorsi”, definendolo “un atto di pirateria decretato a poche ore dall’inizio del 2016”.
La vicenda dei punti nascita siciliani è inoltre arrivata alla Camera raccogliendo una risoluzione, una interrogazione e una nota al ministero presentate dai deputati M5s ed un’interrogazione presentata dal deputato di Sel Erasmo Palazzotto. “Il decreto Lorenzin – afferma la deputata a Palazzo Montecitorio Giulia Di Vita – dà l’occasione alla Regione di rimodulare la rete dei punti nascita basandosi non solo su mere soglie fisse su cui chiedere deroghe, come fossero favori, ma sulle reali esigenze del territorio, tenendo conto anche delle gravissime carenze infrastrutturali della Sicilia che mettono a repentaglio la sicurezza delle partorienti che per raggiungere i cosiddetti punti nascita “sicuri” devono fare dei veri e propri viaggi della speranza o emigrare direttamente dai piccoli centri”.