Lercara Friddi ricorda il suo “beato” Salvatore Daffronto

LERCARA FRIDDI – Un ricordo commosso in quella chiesa, la parrocchia di Sant’Alfonso, in cui non mancava mai una mattina per la celebrazione quotidiana della Messa, nonostante dall’età di 18 anni e per 25 ha vissuto inchiodato sulla sua carrozzella. Oggi Lercara Friddi si è stretta intorno al suo “beato”, Salvatore Daffronto, nel 45esimo anniversario della morte. A celebrare l’eucarestia è stato il vicario don Antonio Todaro, mentre è toccato a Nino Barraco, giornalista e amico di Daffronto, tracciarne il ritratto.

Chi è Salvatore Daffronto? E’ l’uomo a cui il comune di Lercara Friddi, in un consiglio comunale di fine dicembre del 2004, ha deciso di dedicare un palazzetto dello sport. Dal 18 agosto 2005 una lapide lo ricorda perché “Nella gara con il dolore della vita il suo nome fu per tutti ala di coraggio”.

Salvatore Daffronto è il “beato che Lercara ricorda nel 45° della morte, testimonianza straordinaria di una vita che seppe cantare sulla croce”, nelle parole di Nino Barraco in un recente scritto proprio in occasione di questo anniversario.

E’ l’uomo di cui il cardinale Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Palermo, ebbe a dire “Auguro che la vita di Salvatore Daffronto possa essere di speranza per tutta la nostra Chiesa che vive, che soffre e che risorge, ogni giorno, a Palermo”.

E’ l’uomo che ha lasciato scritto nei suoi quaderni “Santo è il dolore. Ringrazio e benedico il Signore che mi ha chiamato per seguirlo sul monte Calvario… E tu, Mamma celeste, fammi grazia di essere l’ultimo della schiera dei tuoi devoti, con la croce sulle spalle e la corona nelle mani, come figlio e schiavo del tuo amore…”

A chi compassionevole gli rivolgeva parole di pietà, lui rispondeva “Perché dite povero giovane? Voi non direste povera sposa a colei che riceve un dono dal suo sposo?”.

Ed è Salvatore Daffronto che confida proprio a Nino Barraco, mentre la sorella gli stava pulendo la piaga purulenta che a causa di un cancro si era formata sulla sua pancia “I granai sono stati aperti, spero di metterci dentro quante più anime possibile”.

Caruso in miniera, a 18 anni viene colpito da una grave malattia che lo inchioda su una carrozzella. Dopo il dolore lacerante e devastante, la conversione: Salvatore Daffronto offre a Dio il suo dolore, si fa “ostia” sul mondo. Sette operazioni al Rizzoli di Bologna e poi, da ultimo, un cancro devastante che lo porta alla morte all’età di 43 anni, l’8 ottobre 1968.

“Il suo nome segna la storia nuova di Lercara, che passa dalla civiltà dello zolfo alla civiltà dei granai aperti”, ha scritto Basilio Randazzo, preside della Facoltà teologica di Sicilia.

“Tu, o Signore, nascondi queste cose ai sapienti…” è la riflessione di Nino Barraco.

E lui, da lassù, sorride sulla sua carrozzella, che dopo essere stata strumento di conversione per lui, lo è divenuta per i ragazzi che si divertivano a portarlo in giro per poi fermarsi, insieme, a fare catechismo. E adesso sono gli angeli a giocare e divertirsi con il “beato” Salvatore Daffronto.

E sempre con Nino Barraco, “Alleluja per una carrozzella!”