10 febbraio “Giorno del Ricordo”: anche 200 siciliani nelle foibe perché “italiani”

MONTI SICANI – Sono ormai divenute sinonimo di “pulizia etnica”: le foibe oggi non sono più soltanto in Venezia Giulia i grandi inghiottitoi (o caverne verticali, o pozzi), tipici della regione. Sono il simbolo di un eccidio, commesso per motivi etnici e/o politici ai danni della popolazione italiana dell’Istria, della Venezia Giulia e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente seguenti.

Fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani, di cui oltre 200 i siciliani. Cammarata commermoa oggi un suo concittadino “infoibato”, il giovane finanziere Emanuele Bongiovanni, in memoria del quale nel 2010 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una solenne cerimonia al Quirinale, consegnò  una medaglia al valore  a Vito e Vincenzina Bongiovanni fratello e sorella del militare infoibato.

Il Giorno del ricordo si celebra in Italia il 10 febbraio in memoria di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, concede anche un riconoscimento ai congiunti degli infoibati.

Perché le foibe? La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti (che avevano prima “italianizzato” e poi occupato la regione nel 1941) e gli italiani non comunisti. Vengono torturati, massacrati, affamati e poi gettati nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano “nemici del popolo”. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce: cessato l’orreore delle foibe inizia l’esodo istriano o esodo giuliano-dalmata, quell’importante fenomeno di diaspora che si verificò al termine dall’Istria, dal Quarnaro e dalla Dalmazia da parte della maggioranza dei cittadini di lingua italiana e di coloro che diffidavano del nuovo governo jugoslavo, in seguito all’occupazione di tali regioni da parte dell’Armata popolare di liberazione della Jugoslavia del maresciallo Tito.