Archi di Pasqua, espressione di fede e di arte

SAN BIAGIO PLATANI – Una manifestazione unica nel suo genere, espressione dell’identità del paese ormai conosciuto anche all’estero per il suo grande richiamo che non ha confrontabili riscontri in nessun altro centro dell’Isola. L’usanza dell’allestimento degli Archi, sotto i quali il giorno di Pasqua avviene l’incontro tra la Madonna e il Cristo Risorto, risale agli anni successivi alla fondazione dell’abitato. Due confraternite rivali –  Madunnara e Signurara –  si assumevano il compito di preparare gli Archi centrali, rimasti per molti anni quasi sempre immutati. Erano addobbati con ciambelle di pane e con le marmurate, sottili strati di pasta rivestiti da una bianca velata di zucchero e di tuorlo d’uovo e puntellate dalle diavoline. Le marmurate avevano la forma di ostensori, calici, rosoni, campane, rondini. I due archi erano sorretti ciascuno da due pali verticali rivestiti di rosmarino e collegati, a media altezza, da quattro triangoli isosceli sovrapposti, il cui perimetro, con ferle di agave incorniciate da arance, delimitava un intreccio di canne ricoperto da ciambelle di pane punteggiate, qua e là, dalle citate marmurate. Le basi poggiate ai montanti e i vertici uniti al centro a guisa di farfalle. Il giorno di pasquetta gli Archi venivano smontati ed ognuno andava a riprendersi la propria ciambella contrassegnata dal nome scritto sopra un fascetta di tela. Questi due elementi costitutivi sono rimasti nel tempo pressappoco invariati, se si esclude una maggiore cura  nei particolari e la presenza delle ninpe, gli originali lampadari sottostanti. Da alcuni decenni, per tappe successive sempre più ambiziose, gli Archi hanno avuto uno sviluppo scenografico spettacolare. al punto da imporsi all’attenzione degli studiosi che li hanno descritti nelle loro pubblicazioni corredate da ricche documentazioni fotografiche. Basta citare per tutti il libro del compianto concittadino don Biagio Alessi “Gli Archi di Pasqua di San Biagio Platani” che ne espone con la consueta competenza le origini e l’evoluzione della manifestazione. “ Lasciando agli studiosi di scienze sociali  e di tradizioni popolari l’interpretazione del fenomeno – scrive don Biagio – a noi basta avere rilevato il potente richiamo esercitato dagli Archi di Pasqua, che rimangono una manifestazione unica e peculiare della popolazione sambiagese. Diventa anzi l’espressione ampliata di quella caratteristica di ospitalità e di apertura affettuosa e cordiale. Il visitatore che ammira gli Archi e incontra la gente non può fare a meno di dichiarare di essere stato colpito dalla fantasiose e splendide decorazioni come dalla festosa accoglienza”. Gli elementi architettonici, fatti di canne e di vimini, riproducono prospetti di cattedrali con cupole, campanili, volte, colonne, capitelli, lampadari, di ammirevole fattura. E poi, dipinti e mosaici con figure di santi e sculture realizzate con una varietà di materiale dagli effetti cromatici molto efficaci. Il pane è un elemento essenziale dell’addobbo assumendo svariate forme di grande effetto plastico. Quest’anno sono assenti le due confraternite antagoniste – Madunnara e Signurara – che da sempre si sono contrapposte in un confronto appassionato. I lavori sono eseguiti da due associazioni locali alle quali il Comune ha affidato il compito di realizzare una manifestazione che non deluda le attese dei visitatori. Osservando le strutture già installate nel corso principale del paese, si avverte l’impegno profuso per ben figurare. Nei laboratori si danno gli ultimi ritocchi ai dipinti e ai mosaici. Salvatore Virone ne è il principale ispiratore. Riproducono figure di santi e qualche personaggio legato alla storia del paese. L’impianto scenografico è un pò ridotto rispetto al passato, ma l’effetto complessivo risulta interessante e non mancherà di suscitare ammirazione La Pasqua di San Biagio ha assunto di anno in anno una crescente notorietà. Molti visitatori giungono da centri lontani per assistere anche alla fase di montaggio. Nei giorni scorsi è arrivata una folta delegazione da Remchingen, guidata dal borgomastro Luca Wilhelm Prayon. Presente, come sempre, l’attivissimo Wolfgang Oechsle, l’ex borgomastro che 25 anni fa ha firmato con l’allora sindaco Gaspare La Rosa il gemellaggio tra le due comunità. Al loro arrivo sono stati accolti alle porte del paese, con la banda musicale, da molta gente, con in testa il sindaco Filippo Bartolomeo che ha rivolto ai graditi ospiti un caloroso saluto ricordando l’attestazione di stima e di apprezzamento riservata ai nostri emigrati. Un articolato programma di accoglienza in loro favore è stato predisposto dall’Associazione “Pro gemellaggio” presieduta da Stefano Amella. Gli amici tedeschi hanno portato al seguito il loro complesso bandistico che si è già esibito oggi durante le processioni del venerdì santo e che lunedì prossimo, terrà un concerto al cine -teatro Bellini, assieme alla banda musicale di San Biagio diretta dal maestro Gino Longo.