Produzione agricola in crisi: caldo e siccità le cause. Chiesto lo stato di calamità naturale

Un’estate così calda – secondo quanto riferiscono gli esperti – non si registrava nell’agrigentino e in gran parte dei Sicani da almeno cento anni. L’innalzamento delle temperature, il caldo e la siccità degli ultimi mesi hanno provocato una vera e propria crisi per migliaia di agricoltori. La produzione agricola è già entrata in “depressione” a causa dell’estate afosa, priva di piogge e all’insegna della siccità. Il danno rasenta il 40-50% e i comparti agricoli più colpiti sono sostanzialmente i vigneti, gli uliveti e in parte anche gli agrumeti, con le colture ortive praticamente “azzerate”.

La Sicilia è stata senza dubbio la regione maggiormente colpita dalle varie ondate di calore che hanno provocato danni in ogni singolo angolo della provincia. L’allarme sul grave stato di calamità è stato lanciato dalle organizzazioni professionali agricole, in particolar modo dalla Cia di Agrigento, con in testa il presidente provincia Pippo Di Falco. “Le zone più colpite? Sicuramente a soffrire sono maggiormente quelle aree dove non scorrono fiumi e dove non vi è la presenza di dighe in grado di immagazzinare acqua nel periodo invernale – ha spiegato Di Falco. La forte calura dell’estate 2017, con oltre 40 gradi ogni giorno, non ha fatto altro che ridurre la quantità di uva e olive, anche se migliorerà la qualità del prodotto. I danni sono evidenti e già sottolineati dagli agricoltori, le aziende sono in sofferenza e tutto questo ci spinge a chiedere al governo il grave stato di calamità naturale”.

Situazione poco felice per gli agricoltori anche nella parte centrale ed occidentale del territorio che abbraccia alcuni comuni del comprensorio “Sicano”. In alcune località le vaste estensioni di pomodoro sono state incredibilmente cancellate, mentre nei territori di Burgio, Lucca Sicula e Calamonaci le piante si presentato molto stressate per la siccità. Le olive non sono si sono sviluppate nel loro percorso di crescita: se non pioverà non si potranno raccogliere. “Alcuni comparti agrumicoli sono fortunati – ha ammesso Giovanni Caruana, responsabile di zona della Cia – visto che i terreni sono serviti con le acque della diga Castello di Bivona e Prizzi e della diga Arancio. Il danno economico è presente anche se in proporzioni minori. Diversi comuni della provincia stanno per riunirsi in consiglio per chiedere lo stato di calamità naturale. La qualità del prodotto agricolo probabilmente migliorerà, ma è la quantità quella che preoccupa noi e tutti gli agricoltori”.