Mafia, l’arresto del boss del tritolo e l’attentato del ’96 alla Polizia stradale di Lercara Friddi

Sull’edizione on line de “L’Espresso” è apparso un pezzo a firma di Lirio Abbate che riassume la questione riguardante il tritolo usato da Cosa nostra per i fatti degli anni ’90. Il giornalista fa un collegamento anche con l’attentato del 1996 alla caserma della Polstrada di Lercara Friddi, dalle cui indagini si sarebbe risaliti al probabile deposito di esplosivo della mafia, il mare.

Riportiamo il servizio di seguito.

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Stragi, il tritolo veniva dal mare

di Lirio Abbate

Fin dal ’96 si sapeva che i fondali di fronte a Palermo sono una Santabarbara di Cosa Nostra. Che li ha usati per tutti i suoi maggiori attentati. Ma solo ora, 16 anni dopo, è stato arrestato uno dei pescatori che aveva prelevato e consegnato l’esplosivo alle cosche: perché?

(12 novembre 2012)

Si conosceva già nel 1996 l’esistenza della Santabarbara di Cosa nostra nei fondali marini davanti alle coste di Palermo e l’identità degli uomini che prelevavano siluri e mine che risalivano al periodo bellico, dalle quali estraevano centinaia di chili di tritolo che poi consegnavano ai boss di Brancaccio, Filippo e Giuseppe Graviano.

E già nel 1996 un gruppo di investigatori di un piccolo commissariato del palermitano – seguendo un’inchiesta su un attentato alla caserma della polizia stradale di Lercara Friddi – riscontrò che l’esplosivo utilizzato proveniva dal fondo marino e che questo, analizzato da esperti, era lo stesso utilizzato negli attentati contro il giudice Rocco Chinnici, per la strage di Capaci, per quella di via D’Amelio e poi gli attentati di via Fauro a roma contro Maurizio Costanzo, quello di via dei Georgofili a Firenze, in via Palestro a Milano, in piazza San Giovanni in Laterano a Roma e a San Giorgio al Velabro a Roma.

Tutto ciò si conosceva già nel 1996 quando gli agenti del commissariato di Termini Imerese, in provincia di Palermo, inviarono il 7 giugno 1996 un’informativa con nomi di pescatori vicini ai Graviano, e a Pietro Carra, uno degli stragisti accusati di aver fatto parte del commando e del trasporto di esplosivo al Nord.

In questa informativa dettagliata, che riportava non solo i tabulati telefonici di molti sospettati, alcuni dei quali finiti nelle inchieste sulle stragi, vi era pure il sequestro di un ingente quantitativo di tritolo prelevato dai fondali marini e con esso un siluro che stava davanti alla costa di Capaci, furono informati i magistrati di Palermo e Firenze e poi la Digos di Firenze, all’epoca diretta da Franco Gabrielli, attuale capo della Protezione Civile. Ci si chiede se venne fatto qualcosa subito dopo aver ricevuto queste informazioni. E come mai, avendo a disposizione così tanti elementiinvestigativi non furono avviate indagini: solo adesso, a distanza di sedici anni è stato arrestato uno dei pescatori che aveva prelevato e consegnato il tritolo alle cosche.

Il dato che oggi emerge alle cronache è il provvedimento di custodia cautelare chiesto ed ottenuto dai pm di Firenze per Cosimo D’Amato, 57 anni, di Santa Flavia, borgata alle porte di Palermo.

A questo arresto i pm fiorentini sono arrivati grazie alle indicazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che in modo puntuale e preciso ha portato i magistrati a svelare l’identità di uno dei complici dei Graviano.

Sta di fatto che dalla strage in cui morì nel 1983 il giudice istruttore Rocco Chinnici, il padre del pool antimafia, passando per gli attentati a Falcone e Borsellino, fino al 1993 con le morti e i feriti di Roma, Milano e Firenze, il tritolo sembra arrivare dal mare. E forse dallo stesso armatore.