
MUSSOMELI – Non si smette mai di conoscere particolari inediti del passato, e questo grazie all’instancabile lavoro di ricerca di studiosi che, con passione, spulciano archivi, intervistano testimoni, e cercano di esplorare, armati di pazienza e forte motivazione, momenti storici che bisogna riportare alla memoria: per chi c’era e c’è ancora, per chi c’è e per chi verrà.
È quanto fatto negli anni dalla storica Lucia Vincenti, che ieri mattina ha incontrato gli studenti dell’Istituto “Virgilio” sul tema “Persecuzioni e deportazioni dei diversi e le donne ebree in Sicilia al tempo della Shoah”.
Un incontro voluto dalla docente di Storia e Filosofia Mariarita Mendola, caldamente appoggiata dalla dirigente Calogera Genco, inserito nell’ambito delle iniziative per la “Giornata della Memoria 2013”.
Così, intorno alle 11:30, in un Auditorium stracolmo di studenti, passando in rassegna una serie di documenti finora mai pubblicati, ecco scoprire uno dei tanti volti che caratterizzò la persecuzione antiebraica, in Sicilia come nel resto d’Italia.
Perché ci sono tanti aspetti che vanno considerati e approfonditi per capire appieno come sia stato possibile la follia umana delle persecuzioni, degli internamenti, delle deportazioni di milioni di persone considerate “diversi”.
Come sottolineato dalla stessa Vincenti nel suo intervento, il silenzio degli italiani fu la loro colpa maggiore, che superò di gran lunga le urla di chi si oppose a un sistema assurdo fatto anche di atteggiamenti subdoli, di cui neppure le vittime si resero conto. Lo dimostra la storia di Rita Calabrese, che ha saputo solo oggi di ricerche fatte su di lei dal preside Barbarino della sua scuola di Partinico, convinto che fosse ebrea e che per questo scrisse al Prefetto dell’epoca. Una corrispondenza di cui è venuta a conoscenza proprio leggendo le pagine scritte dalla Vincenti, che ha poi contattato per raccontarle come quell’uomo fosse sempre gentile nei suoi confronti e che mai le aveva dato segno di dubitare sulla sua “razza”.
O ancora, scoprire che la scelta di non contraddistinguere le carte d’identità degli ebrei di particolari segni distintivi, come la “j” presente in quelli residenti in territorio tedesco, fosse dettata da semplici ragioni di opportunismo, come emerge da un atto ritrovato nell’Archivio di Stato di Catania, in cui si legge chiaramente che tale decisione fu giustificata dalla considerazione che, in caso contrario, gli “israeliti” non si sarebbero più muniti di tale documento con grave intralcio per il lavoro della polizia.
Insomma, tristi verità di una società solo apparentemente tollerante, ma in realtà perfettamente allineata al regime. Per credo o per paura non sempre è facile stabilirlo. Di certo, – ha sottolineato la docente Mendola – “anche l’indifferenza ci rende colpevoli”. Ieri, oggi e domani.
Così come ieri, oggi e domani, sta a noi decidere se i Giusti, chi non ebreo ha salvato degli ebrei negli anni della persecuzione nazista, sono dei vinti o dei vincitori, se sono o meno degli esempi da seguire nel vivere quotidiano contro situazioni razziste. Anche la Sicilia ha avuto i suoi Giusti, tra cui Vincenzo Lastrina, Calogero Marrone e Arturo Gatti, le cui lettere, scritte nel periodo del nazifascismo, sono state lette dagli studenti Vincenzo Anzalone, Dorotea Scavetto, Adriana Traina e Florinda Venturella.
Adesso il prossimo appuntamento del “Virgilio” con la memoria è fissato per il 15 e il 16 febbraio con i 7Grani, gruppo comasco che proporrà un musical per rivivere l’angoscia e il dolore con cui il mondo è stato letteralmente martoriato.
“Sono doveri istituzionali che ci vengono prescritti per legge”, ha affermato la dirigente Genco prendendo la parola e riferendosi alle varie iniziative organizzate dal suo istituto per la “Giornata della Memoria”.
Ma sicuramente sono doveri che lei, così come la docente Mendola, rispettano condividendone appieno l’alto valore educativo e formativo.
Per ulteriori approfondimenti sull’argomento è possibile visitare la pagina facebook “Il silenzio e le urla – Lucia Vincenti – La shoah in Sicilia”