Il 21 dicembre scorso un cittadino cammaratese, Roberto Malta, si è reso autore, insieme alla moglie e ai figli, dell’encomiabile gesto di solidarietà sociale di donare gli organi. Cogliamo l’occasione per ritornare sul tema, aperto nella comunità cammaratese dall’analogo gesto del compianto Giuseppe Lena, esaminando il ruolo dei diversi protagonisti: donante e familiari, comunità civile, scienza medica, paziente sofferente e in attesa.

Il donante
Il prelievo degli organi non sottrae beni personali, giacché essi sono elementi per mantenere in vita la persona; sopraggiunta la morte, cessano funzione e utilità, e il cadavere rimane con la sua identità anche senza gli organi. Al defunto, evidentemente, i medici e ogni altro devono sommo rispetto, onore e premure, perché il cadavere manifesta la «persona che fu», cui si deve il giusto doveroso caloroso commosso ricordo. Gli organi sono per la vita e non per i morti. Il donatore è «benemerito» per il senso civico di solidarietà umana che lo anima e nel soccorrere nel bisogno solitamente uno sconosciuto.

La comunità
Ogni cittadino, sopraggiunta la morte, dovrebbe ritenersi potenziale donatore di organi. Questi in vita sono beni personali non disponibili, ma quando non servono più al soggetto, è elevato senso di solidarietà umana metterli a disposizione della comunità. L’assistenza sanitaria in Italia è fondata sul «principio di socialità e sussidiarietà», in forza di cui si assicurano beni sanitari anche a chi non è in condizione di procurarseli da sé. La tutela della salute passa, quindi, attraverso la generosità dei cittadini, perché gli organi, al pari del sangue, non sono producibili in laboratorio. È elevato senso morale della comunità sentirsi solidalmente coinvolta da chi è in lista d’attesa per un trapianto.

La scienza medica
Il progresso delle tecnologie sanitarie ha reso più sicura la trapiantologia attraverso migliorate tecniche di assistenza sia a favore dei possibili donanti sia dei riceventi, sicché la più efficace accoglienza del nuovo organo, conforta sul fatto che la generosità dell’offerta è, di solito, compensata dal buon esito dell’intervento.

Il ricevente
Abbiamo riservato per ultimo il ruolo del ricevente, proprio per porre su di lui l’attenzione maggiore, quale «soggetto principale» del processo. Molta enfasi di solito è posta, anche nelle cronache quotidiane, sul gesto di chi dona; forse un po’ meno su chi giace in ospedale, nella debole speranza – fondata solo sulla sorte – di continuare a vivere attraverso un nuovo organo sano. Il ricevente è l’attore principale, è chi manda un grido di aiuto alla società per una terapia non producibile nei laboratori, ma realizzabile soltanto attraverso il consapevole, libero e responsabile gesto di chi – pur affranto nel dolore – decide di non buttare gli organi e far sì che possano restituire alla comunità un paziente curato. Nella vita sospesa per un organo che non arriva, pazienti e familiari vedono man mano spegnersi la speranza: è sul dramma di costoro che si devono puntare i riflettori. Riportiamo la rivelatrice esperienza del compianto Roberto Malta, segnata sia dalla deludente fase di chi invano ha atteso un organo, sia dalla consapevolezza di moglie e figli che – memori di questo – hanno voluto che gli organi del loro congiunto non fossero sprecati, ma che restituissero vita e migliorata qualità di vita.

La civiltà di una società può essere misurata non solo dal grado di salute dei cittadini, ma anche da quanta vita si restituisce ai tanti pazienti in penoso sconforto, attraverso il caritatevole e, al contempo, edificante gesto della donazione. La comunità cammaratese si è dimostrata sempre attenta a coltivare sani principi di solidarietà umana, da cui emergono gli esempi di Roberto e Giuseppe per aver risposto all’angosciosa domanda di almeno dieci malati, i quali, nella vita ritrovata e in silenzioso anonimato, incrociano le nostre strade.