Distretto rurale di qualità dei Sicani: Raffadali

raffad.Raffadali è un comune della provincia di Agrigento, situato in una zona collinare fra i fiumi Platani e Salso, con un’altitudine di 425 m sul livello del mare.

Gli arabi giunsero nel territorio intorno al primo quarto del IX secolo: introdussero la coltura degli agrumi, delle rosacee (pero, albicocco, pistacchio) e forse del carrubbo ed organizzarono e realizzarono la canalizzazione delle scarse riserve idriche. Il toponimo Raffadali è stato ipotizzato originario dall’arabo Rahl-Afdal, che significa “villaggio eccellente”.

Nell’XI secolo il feudo è concesso alla famiglia Montaperto. Nel 1177 compare per la prima volta nei registri della diocesi di Agrigento una comunità denominata “Cattà” e nel Trecento il villaggio aveva una parrocchia dedicata a San Leonardo, oggi scomparsa. Compare anche la denominazione di “Raafala” nei registri delle rendite ecclesiastiche della diocesi.

L’odierna cittadina venne fondata sulle rovine dell’antico casale nel 1481. Nel 1507 Pietro Montaperto ottenne dal re Ferdinando lo “ius populandi” per la espansione dell’agglomerato urbano, e iniziò i lavori di consolidamento del castello e di costruzione della chiesa madre.

Nel 1649 Giuseppe Nicolò Montaperto, intervenne per reprimere una rivolta degli agrigentini contro il vescovo Trajna, accusato di costringere la popolazione alla fame. Per premiare il coraggio e la fedeltà dei Montaperto, Filippo IV di Spagna insignì la famiglia feudataria di Raffadali del titolo principesco. L’ultimo signore di Raffadali fu Salvatore Montaperto Valguarnera. Agli inizi dell’Ottocento Raffadali si trasformò da borgo del feudo a borgo rurale di piccoli e medi proprietari, rimanendo ai vecchi feudatari il diritto enfiteutico sulle frazioni del fondo.

Tra le architetture religiose vanno sicuramente menzionate la Chiesa madre di Santa Oliva, al centro del paese, edificata a partire dal 1507 e dedicata alla Madonna degli Infermi: vi si trasferì nel 1608 la parrocchia di Santa Oliva e l’arcipretura, dall’antica chiesa madre dedicata a Sant’Oliva oggi scomparsa. Vi si custodisce il sarcofago di Raffadali, con ratto di Proserpina, e una statua lignea cinquecentesca di Maria santissima degli Infermi con Bambino.
La Chiesa di San Giuseppe, con la sua facciata settecentesca e risalente al XIX secolo, attribuita all’architetto Saverio Bentivegna. Sorge accanto al monastero delle suore collegine
A Raffadali esistono circa cinque piccole cappelle, situata ognuna in un quartiere del paese, oggi fatiscenti ad eccezione della Cappella della Pietà, situata nel quartiere centrale. Sono presenti inoltre due edicole sacre dedicate alla Madonna col Gesù Bambino e situate in via Porta Agrigento e in via Porta Palermo.
Tra le architetture civili ricordiamo invece il Palazzo Principe, in passato residenza dei principi di Montaperto. Costruito nel VIII secolo subì in seguito la distruzione di una delle torri e delle merlature. Nei sotterranei si trovano antiche macchine di tortura utilizzate dai principi di Montaperto e un tunnel collegava la residenza alla chiesa madre.
Palazzo di Città è la sede del comune di Raffadali, sulla cui facciata si trova lo stemma cittadino.

Quattro monumenti decorano piazze e vie di Raffadali: il monumento ai caduti di tutte le guerre, inaugurato nel 1924 e situato davanti alla chiesa madre; il monumento a Francesco Spoto, posto ai lati della via Nazionale; il monumento al movimento operaio e contadino, posto in Piano Progresso, nelle vicinanze di Palazzo Principe, ed il monumento a Cesare Sessa, inaugurato nel 2007, sito nella piazzetta omonima.
Nel 2006, è stato inaugurato un bassorilievo in memoria di Salvatore Di Benedetto nel Teatro civico di Raffadali.
A Raffadali sono presenti 3 fontane pubbliche molto antiche: una è posta in Piano Progresso, è la più recente, ed ha uno scopo puramente decorativo. Un’altra è posta in via Porta Palermo, ha circa 300 anni ed era usata fino a poco tempo fa per abbeverare gli animali. Ed infine ve n’è un’altra nella strada verso Joppolo Giancaxio ed ha la stessa funzione della precedente.

Nel sito archeologico di Cozzo Busonè sono state ritrovate delle tombe a forno e due tombe a camera con oggetti di pietra e di ceramica; sepolture a grotticella di epoca eneolitica antica dove furono rinvenute nel 1967 in seguito ad una campagna di scavo archeologico le due Veneri di Busonè, conservate nel Museo archeologico regionale di Agrigento. Secondo una leggenda araba la montagna si aprirebbe ogni sette anni e mezzo rivelando i tesori celati al suo interno. Cozzo Pietrarossa è una necropoli con tombe a forno risalente al 4000 a.C, mentre Colle di Palombara è una grotta con frammenti ceramici della cultura di Castelluccio. In Contrada Torrevecchia sono stati ritrovati i resti di un abitato (frammenti ceramici, macine, lucerne, gioielli) identificato come la Statio pitiniana dell’Itinerario Antonino a nove miglia da Agrigento. Diverse anche le Grotticelle, necropoli tardo romane e bizantine (III-IV secolo) con tombe ad arcosolio e a loculo scavate nella roccia; dalla necropoli proviene il sarcofago di Raffadali.
Su Monte Guastanella era situata una necropoli e i resti di un castello arabo (dove venne imprigionato il vescovo di Agrigento, Ursone), distrutto da Federico II di Svevia tra il 1221 e il 1232.

Il piatto tipico di Raffadali è il macco di fave, una crema realizzata con una cottura prolungata di fave secche, alle quali viene aggiunta una verdura, solitamente delle bietole, del finocchietto selvatico, zucchine verdi di tenerume e servita con il solo condimento di olio extravergine di oliva.