PALERMO – Quarantasette norme in tutto, che, ridisegnando l’impianto istituzionale nell’isola e istituendo sei Liberi consorzi (Agrigento, Ragusa, Siracusa, Enna, Caltanissetta e Trapani) e 3 Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina), mandano definitivamente in soffitta le 9 Province siciliane ad oggi commissariate. Dopo 21 sedute di commissione dal 3 febbraio 2013 (quando il ddl sulle province sarebbe già dovuto andare al voto), 12 disegni di legge, 45 sedute in aula, la riforma delle province diventa legge (36 voti a favore, 11 contrari e 6 astenuti).
“Non esistono leggi perfette, sarebbe un’ambizione troppo grande ma il voto di oggi è un fatto di importanza epocale per l’affermazione dello Statuto, perché diamo valore alla democrazia dei sindaci”, ha commentato il governatore Rosario Crocetta.
Tra il 1° ottobre ed il 30 novembre di quest’anno i liberi consorzi e le aree metropolitane dovranno eleggere i loro organi di governo (presidente e giunta), congedando i commissari governativi nominati dal governo Crocetta. I sindaci delle nascenti città metropolitane potranno non coincidere con quelli dei comuni capoluoghi e potranno candidarsi alla carica di sindaco della città metropolitana tutti primi cittadini di tutti i Comuni che rientrano nell’area, a patto che il loro mandato scada non prima dei 18 mesi dalla data delle elezioni. I nuovi sindaci delle città metropolitane saranno dunque eletti dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni che compongono l’area metropolitana. Potrebbe pertanto verificarsi la possibilità di eleggere alla guida di una Città Metropolitana anche il sindaco di un Comune di poche centinaia di abitanti, purché ricadente nell’area stessa.
Un “rischio” che accende già il dissenso: “Mi chiedo con quale autorevolezza il primo cittadino di un piccolo centro, sia pur in possesso di tutti i requisiti di legge, possa guidare ed indirizzare le scelte di coordinamento e pianificazione territoriale che la legge affida alle Città metropolitane”, ha detto il presidente della commissione Attività produttive, Bruno Marziano, del Pd. Proprio il Pd aveva provato a presentare l’emendamento che voleva (insieme a Udc) che il sindaco della città metropolitana fosse “di diritto” quello del Comune capoluogo. Linea bocciata insieme all’emendamento del centrodestra che proponeva invece l’elezione diretta da parte del popolo.
Toccherà adesso ad un’altra attesa riforma, quella sulla ri-pubblicizzazione del servizio idrico in Sicilia. Punto di partenza della discussione sarà l’eccezione di incostituzionalità del testo.