
MUSSOMELI – Riceviamo e pubblichiamo lettera di congedo a firma del sindaco Salvatore Calà.
Cari concittadini,
come sempre utilizzo il mezzo epistolare per raggiungere ognuno di voi e parlarvi, a quindici giorni dalla fine del mio mandato così, con semplicità e a cuore aperto. Non farò uso di frasi fatte o di giri di parole, sarebbe vano, vuoto e superfluo, ma soprattutto non vi racconterei nulla.
La motivazione di questa lettera nasce innanzitutto dal piacere di poter parlare amichevolmente prima di congedarmi, in modo franco e schietto, con voi, che io considero miei compaesani.
Sarei voluto entrare nel dettaglio di quello che si è fatto e di quello che non si è potuto far e l’elenco sarebbe lungo ma, già entrato nel pieno della campagna elettorale, ritengo opportuno differire a un altro momento tale resoconto per non innescare inutili quanto sterili speculazioni politiche che non giovano al clima elettorale.
Sento che devo, come primo cittadino, rendere conto alla collettività e al paese che ho amministrato che tutte le scelte assunte nel corso del mio mandato sono state adottate nell’esclusivo interesse della nostra comunità con rigore morale e amministrativo.
Sono stati mesi e anni molto duri e questo stato di cose non è stato, di certo, determinato dal mio modo di operare, di gestire e di amministrare questo Comune. Le responsabilità sono da ricercarsi altrove. Del resto basta semplicemente ascoltare il coro delle voci mediatiche per comprendere lo stallo, o meglio, la caduta libera dell’economia e la difficile situazione in cui versa la Nazione e la nostra Regione in un contesto europeo in fermento.
E’ comodo giocare alla caccia alle streghe o ricercare, affannosamente, un capro espiatorio cui addossare le più svariate responsabilità, ma a me quale colpa può essere imputata? Ho trovato un Comune che languiva. Ho ereditato come corredo: una “cascia” con una coperta così stretta che “tira di cà, tira di ddrà, va a sempri afiniri co ‘ni scummoglia” e una “giarra senza ogliu, vacanti!”.
Parabola significa che, nonostante l’impegno, e c’è stato, non ho potuto offrirvi quello che avrei voluto e, soprattutto, quello che meritate. Ho fatto di tutto per garantirvi un’ottimale gestione del bene comune e meno oneri, ma purtroppo “senza sordi nun si canta la missa” e le casse regionali e nazionali, per i Comuni, sono state chiuse da un bel po’.
Stringendo la cinghia, qualcosa abbiamo pur fatto, basta considerare i dodici finanziamenti ottenuti per complessi € 5.000.000,00 relativi a progetti in gran parte avviati (strada Mandrarossa-Polizzello, torrente c.da Ponte, Borgo Polizzello, sportello infotelematico, plessi scolastici scuole elementari e medie, palestra Via Olimpia, centro studi Giudici, Rocca Annivina, asilo nido, progetto Demeter), le infrastrutture ammodernate (cinema, museo, scuole, parco urbano, cimitero, stadio, Raffe, efficientemente energetico, ville comunali), l’adozione del nuovo Piano Regolatore Generale, transazioni contenziosi pendenti, condono fiscale, mantenimento dei tributi locali, l’elaborazione del piano industriale dei rifiuti A.R.O. (primo della provincia di Caltanissetta e fra i primi cinque in Sicilia), ecc, ecc.
In ultimo vorrei ricordare la vicenda riguardante la realizzazione del centro di accoglienza degli immigrati che, in assenza di garanzie di sicurezza per i profughi e per la popolazione, ha trovato la mia energica e risoluta opposizione.
Questo breve resoconto lo devo a me stesso e a voi, per futura memoria, affinché si possano conoscere e ricordare le cose più evidenti che sono state fatte durante il mio mandato di Sindaco.
In Sicilia non importa fare bene o male: il peccato che noi siciliani non perdoniamo è semplicemente quello di “fare”.
Le parole che Fabrizio Corbera, il gattopardiano Principe di Salina, rivolgeva al piemontese Chevalley, mi sembrano più che mai attuali.
Termino col dirvi che è difficile rivestire questa carica, io l’ho vissuta come servizio e con grande umiltà ma con determinazione ricevendo rispetto e buona reputazione.
Spero che lo abbiate compreso.
Il Sindaco Salvatore Calà