Sanità. Latte materno per i pretermini delle province sicane

MONTI SICANI – In un territorio come quello dei Monti Sicani, dove i presidi ospedalieri in particolare sono delle vere e proprie oasi nel deserto che ogni giorno devono fare i conti con una politica di spending review sempre in agguato, arriva la testimonianza forte di un’operatrice del settore, l’infermiera  professionale di Palazzo Adriano Regina Masaracchia. Mettendo a frutto la sua esperienza, quella dei colleghi, e i racconti di genitori, delinea indirettamente un quadro di intervento per le realtà sanitare locali, che dovrebbero forse essere trasformate in eccellenze piuttosto che depauperate sempre più di servizi e personale. Ecco quanto scrive:

“Il Professore Giovanni Corsello, presidente della Società Italiana di Pediatria http://sip.it/ e Primario del Dipartimento UTIN e Nido del Policlinico Paolo Giaccone a Palermo, sostiene che specialmente il territorio dei Monti Sicani è molto disagiato, perché spesso gli ospedali che possiedono un’unità di terapia intensiva neonatale si trovano solo nelle grandi città. Partorendo in un ospedale senza questa unità i primi giorni la madre non può vedere il figlio quando vuole e rimane, dopo il parto, “a mani vuote”. Questo è molto traumatico per entrambi. Non agevola il contatto emotivo e la lattazione che, al livello ormonale, sono molto importanti per la salute e il benessere di entrambi. Più prematuro è il bambino, meno sviluppato sarà il suo sistema immunitario e maggiore sarà il rischio per lui di contrarre infezioni. In seguito allo scandalo del latte artificiale si è maggiormente riflettuto sulla primaria importanza di garantire ai piccoli pazienti vulnerabili la miglior nutrizione. Il latte materno, in questo caso, appena è possibile somministrarlo, è di primaria importanza e fa parte della terapia di un prematuro, così come la marsupioterapia (contatto pelle a pelle) che favorisce anche l’allattamento. In questi reparti è perciò necessaria la presenza di personale competente e ben informato che aiuti la madre a stimolare e mantenere la lattazione, informare sul tiraggio e il trasporto e sostenere un attacco corretto. L’Italia è il primo Paese al mondo ad avere una Carta dei Diritti dei bambini prematuri. Nel documento si legge che il neonato ha diritto di:

  • essere considerato una persona;
  • nascere in un ambito assistenziale sicuro e confortevole;
  • avere un trattamento adeguato al proprio stato di salute;
  • ricevere terapie contro il dolore;
  • ricevere cure compassionevoli in fase terminale;
  • avere un contatto immediato con i propri genitori;
  • usufruire dei benefici del latte materno;
  • essere certo che i genitori vengano informati correttamente e sostenuti nell’acquisizione di particolari competenze;
  • ricevere continuità delle cure anche dopo le dimissioni;
  • avere accesso a cure riabilitative in caso di disabilità e ricevere beneficio dalla collaborazione tra istituti, enti e terzo settore per la sua assistenza.

Emanuele D´Anna è il coordinatore infermieristico del Dipartimento materno infantile al Policlinico P. Giaccone. Lui stesso è padre di un figlio nato prematuro, di 680 grammi, 23 anni fa. “Mio figlio, purtroppo è dovuto crescere senza latte materno, perché tempo fa si sapeva poco sulla lattazione e come sostenere le madri nel loro compito di organizzare del tutto. Oggi ci teniamo tanto nel nostro ospedale. Abbiamo un’equipe di personale specializzato, tra cui una consulente professionale in allattamento al seno IBCLC e due ostetriche che hanno vinto la borsa di studio per supportare e informare le donne che vogliono allattare, anche in situazioni difficili. Il fatto è che non solo il neonato è prematuro, ma anche i suoi genitori. In questi reparti il lavoro è molto delicato per tanti motivi. Non ci vuole solo professionalità ma anche molta empatia e amore per rendere meno traumatica possibile la permanenza del bambino in reparto. Alla fine il latte materno e l’allattamento al seno non sono solo terapie per il neonato, ma anche per la sua mamma.”
olivia-FabozziRoberta Gitto e Alessandro Fabozzi genitori di Olivia sottolineano quanto è stata difficile la separazione dalla loro piccola. La loro bimba è nata il 4 dicembre 2012, era di 33 settimane e pesava 2 kg e 300 grammi. Durante il 5° mese di gravidanza, ai soliti controlli ginecologici, il medico che seguiva la mamma riscontrò un problema all’ecografia. Alla nascita fu confermata una delle ipotesi del medico ginecologico, ovvero che Olivia aveva una rara malformazione intestinale: l’artresia intestinale di tipo apple peel. Subito il ricovero in terapia intensiva al Policlinico di Palermo, nel reparto di neonatologia. La bimba rimarrà per ben 3 mesi in ospedale, subendo due operazioni chirurgiche. Olivia ha vissuto l’ultimo mese “ospedaliero” nel reparto di chirurgia pediatrica, dove finalmente ha potuto essere accudita anche da mamma Roberta e papà Alessandro. Da un punto di vista organizzativo è stato molto difficile. Alessandro e Roberta vivono in provincia di Palermo, distanti dall’ospedale dov’era ricoverata la loro bambina. Ogni giorno dovevano raggiungere Palermo per far visita alla propria figlia e la sera rientrare nel loro paesino di provincia. Frustrazione e tristezza per non essere a casa con Olivia. C’erano giorni in cui, quando la piccola era in terapia intensiva, vedevano la figlia solo 10 minuti. Ma qualcosa teneva a galla Roberta e Alessandro: la fede che Olivia ce l’avrebbe fatta. In reparto e a casa mamma Roberta si tirava il latte materno regolarmente. È stato importante al livello psicologico, perché sapeva di fare una cosa fondamentale per Olivia. È stata supportata dal marito, dalla sorella, dalla madre, ma anche da familiari e amici, senza dimenticare l’aiuto concreti del personale del reparto di ostetricia nei giorni del suo ricovero.
Dopo febbri e complicazioni, finalmente il trasferimento in chirurgia pediatrica e poi dal lì, a casa. Il 16 marzo 2013: la giornata più bella per Alessandro e Roberta. La più bella della loro vita e di chi faceva un gran tifo per Olivia. Tutt’ora, Roberta e Alessandro continuano a restare in contatto con gli infermieri e medici che hanno seguito Olivia. Con alcuni di loro, si sono instaurati rapporti di vera e propria amicizia. Mamma Roberta è riuscita ad allattare Olivia fino a 13 mesi, allo scadere dei quali, la piccola si è staccata autonomamente, senza drammi o pianti. Dopo un paio di mesi non ha voluto neanche il biberon. Tutto questo in modo sereno, voluto da lei stessa. Ora Olivia ha 2 anni, o meglio 2, li compirebbe il 22 gennaio. Sta bene, è allegra, una grande mangiona, curiosa e cresce a vista d’occhio. Questo scricciolo che ha voluto uscire prima dalla pancia della mamma e che in barba a tutto, ce l’ha fatta e corre verso la vita!” (di Regina Masaracchia)

Le foto sono pubblicate col gentile permesso di R. Gitto e A. Fabozzi.