
ALESSANDRIA DELLA ROCCA – Quanti e quali mestieri conosciamo che una volta erano molto diffusi e apprezzati, e oggi, nell’era della tecnologia, sono destinati a scomparire? Un esempio fra tutti è il calzolaio: per cui abbiamo voluto sentire il parere dell’unico calzolaio rimasto ad Alessandria della Rocca, il signor Liborio Settecasi, da tutti conosciuto come Mastru Liboriu. Ha accettato con gioia alla nostra proposta per l’intervista. Ci ritroviamo quindi tutti insieme nel suo laboratorio circondati da un odore intenso di pelle e colla per sapere un po’ di più quali ricordi ed esperienze nasconde questo vecchino arzillo e instancabile.
La ringraziamo per aver accettato di prender parte all’intervista. Sappiamo quanto lei ci tiene alla sua professione e vorremmo saperne di più. Da quanto tempo fa questo lavoro?
Avevo 11 anni, andavo a scuola. “E mi è venuto in pensiere di dover cercare un mestiere”. Chiesi a un “mastro” che educava i giovani lavoratori…
Come si chiamava?
Mastro Gaetano Amorelli, calzolaio e barbiere. Ho avuto quindi la possibilità di imparare due mestieri insieme.
Quanto tempo ha impiegato ad imparare?Il lavoro non è facile. È come imparare un arte, non si può imparare tutto quanto in una volta. Come a scuola, un ragazzino della quarta elementare non può sapere quello che farà in quinta ma deve aver già assimilato le conoscenze precedenti. Avevo circa 16 anni quando ho iniziato a lavorare in maniera autonoma. Dedicavo alla mia attività tre giorni alla settimana: Mercoledì, Sabato e Domenica.
Come sono cambiate le metodologie di lavoro? Sicuramente il suo lavoro ha subìto una forte evoluzione col tempo.
Infatti. Già nel giro di dieci anni mi accorgevo di come molte cose cambiavano. Se volete vi faccio una dimostrazione pratica.
Prende alcuni attrezzi e ci mostra le lavorazioni basilari.
Si comincia inizialmente con lo spago che è di fondamentale importanza per una scarpa. Si sfila e si congiungono la punta con la coda. Quindi si intrecciano. Lavoriamo col “fuso”, dopo averlo infilato nel “busetto” per farlo intrecciare su sè stesso. Si passa la cera e si continua a lavorarlo con la “ ’nzita” (setola, ndr), il pelo del maiale. Con una serie di procedimenti quindi si crea la forma primitiva di quella che sarà la cucitura della scarpa.
Quanto tempo impiega per creare un paio di scarpe completo?
Circa tre giorni.
Riguardo alla richiesta, una volta ce n’era sicuramente di più…
Sì, tutto il paese “stava a speranza del calzolaio”.
E come prezzi che ci può dire?
Un paio di scarpe costava trenta o quarantamila lire, durante la guerra saliva intorno alle cinquantamila.
L’avvento delle fabbriche avrà sicuramente sconvolto le piccole attività.
Il nuovo governo ha modificato radicalmente la nostra situazione. Infatti hanno favorito la nascita delle fabbriche che ovviamente hanno messo in difficoltà le nostre piccole aziende. La differenza tra i prezzi dei prodotti artigianali e industriali era quindi una diretta conseguenza di ciò. Le persone compravano i prodotti di fabbrica che costavano di meno anche se ovviamente la qualità era nettamente inferiore.
Si rende conto che ormai lei è l’unico calzolaio rimasto in paese. Le farebbe piacere insegnare questo mestiere a qualche ragazzo interessato?
Certamente mi farebbe piacere che qualcuno venisse per imparare. Certo è un po’ difficile, perché bisogna partire dalle basi. Se non si conosce perfettamente come è fatta una scarpa non si può sicuramente lavorarci sopra o effettuare riparazioni. Nessuno dei miei parenti o nipoti ha voluto imparare. È stato giusto che continuassero negli studi che possono garantire maggiori certezze. Anche se guardo un po’ la situazione di oggi, quanti ragazzi sono a spasso anche se laureati. Il fatto è che tutti vogliono fare i dottori ma tutti i nostri mestieri artigianali stanno quasi scomparendo. Cinquant’anni fa questo non lo avrei mai creduto possibile.
Filippo Comparetto
Maria Cristina Ciaravella