La buona Sicilia di un tempo. Dove si radicano storie e sapori

CopertinaLa storia ha una capacità di sintesi che l’oggi non sa schematizzare.

Se sapessimo cogliere il più piccolo degli esempi che la storia ci ha fornito potremmo ritenerci degni detentori di un prezioso testimone. Venire dopo implica conoscere il prima. Conoscere ciò che è stato vuol dire, di certo, non commettere gli stessi errori ma non può non voler significare imparare le virtù di semplici eroi, di semplici giorni che la nostra terra, assai sovente, dimentica di celebrare. “La buona Sicilia di un tempo”, a cura di Mariangela Gentile, si prefigge l’ardito obiettivo di ricordare, per non dimenticare, di ricordare per celebrare, di ricordare per non spezzare il filo che ricongiunge le buone angolature della Sicilia di un tempo con quelle che la Sicilia di oggi ancora custodisce. “Per essere se stessi”, scrive l’autrice, “bisogna stringere, forte, tra i pugni la propria terra, farne rivivere le tradizioni. Non dimenticare da dove si viene, perché un mucchio di terra venosa, di radici avventizie, non ha mai paura di fiorire. La storia dei nostri avi si dirama nelle nostre vite, le radici, se scaldate dal calore di un pugno stretto, sanno fiorire”.

Così nasconde tra le righe l’autrice nel solerte racconto di vite vissute romanzate.

I toni sono quelli dell’ospite. Di chi si pone i perché e cerca le risposte. Di chi non è abituato. Di chi le campagne brulle finge di non vederle ogni giorno, di chi finge di non conoscere le rughe degli agricoltori davanti le masserie, di chi finge di non essere siciliana perché vuole capire se vale la pena esserlo realmente. Di chi si risponde che ha scelto di esserlo nel profondo senza sapere di averlo fatto. “Perché in Sicilia, non sono gli uomini che vivono, è la terra che freme per essere vissuta.”


Per comprendere le ragioni di questo lavoro, lo spirito che ha animato la stesura,  riportiamo di seguito alcune domande poste all’autrice.

Da dove l’idea di questa tematica?

Il merito della scelta di tale tematica va riconosciuto esclusivamente all’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia che ha indetto il Premio giornalistico “Sicilia Madre Mediterranea”. Oggetto del Premio, esteso a tutti i giornalisti e scrittori interessati alla tematica, è la valorizzazione del patrimonio artistico, naturalistico e storico culturale della Sicilia, con riferimento precipuo ai valori enogastronomici dell’isola. Scrivere questo opuscolo è stato avvincente non solo per il carattere affascinante dell’invito a scrivere della propria terra, di parte di se, ma anche per la struttura del Premio stesso che non ha posto parametri rigidi, lasciando, così, libero sfogo alla creatività di chi osservando, scrive.

Quale è il fulcro della sua opera? Quale il senso di questa curiosa copertina?

La copertina può essere, a giusta causa, concepita quale sintesi puntuale del mio lavoro.

L’invito che estendo a tutti i siciliani è quello di stringere, forte, tra i pugni l’identità della nostra terra. Solo riscaldando le sue radici ancora in vita, facendone rivivere gli usi, le tradizioni, lo spessore di un modo di vivere e pensare che è solo nostro, possiamo farla fiorire, del resto, come ho scritto in “ La buona Sicilia di un tempo”, “un mucchio di terra venosa, di radici avventizie, non ha mai paura di fiorire”.