BIVONA – I festeggiamenti in onore di San Giuseppe a Bivona si aprono il 18 marzo con la benedizione delle tradizionali Tavolate di San Giuseppe. La tradizione ha origine molto antiche. Le tavolate erano offerte dal popolo al Santo come “prummisioni”, una promessa solenne che si faceva al Santo, un ringraziamento, per una guarigione fisica o per aver superato diverse difficoltà.
Lo scioglimento della promessa avveniva quindi con l’allestimento di un “Sanciseppi”, una grande tavola imbandita con diverse pietanze della tradizione.
Su ogni Tavola di San Giuseppe sono sempre presenti: i dolci di pasta reale; il pane, simbolo di abbondanza, di diverse forme e misure e ognuno con un significato specifico; i prodotti della terra, verdure e ortaggi; la pignolata; frutta secca; bottiglie con acqua e vino e la “froscia”. Sulla tavola trovano spazio anche un polpo, che rappresenta Lucifero e “l’anciddra viva”, un’anguilla viva sistemata dentro una brocca di vetro piena d’acqua, che rappresenta il serpente biblico, la tentazione ed il male.
I dolci di pasta reale ricoprono un ruolo fondamentale, questi infatti occupano sempre i posti centrali sulla tavola, proprio sotto un grande quadro che raffigura San Giuseppe. L’agnello, simbolo dell’immolazione di Gesù per la redenzione dell’uomo, le palme, un cuore, che rappresenta l’amore di Dio. Insieme all’agnello ci sono anche delle pecorelle di pasta reale. Queste variano sempre nel numero e rappresentano “I Santi”, cioè la rappresentazione vivente della fede dell’uomo. Si tratta di persone povere, spesso bambini, che il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, vengono invitati a mangiare ciò che si trova sulla tavola.
Anche lo svolgimento del banchetto segue delle regole rigide: un cerimoniere, con addosso una tovaglia di lino, procede con la “lavata di li mani a li Santi”, usando una bacinella e una brocca, poi serve ogni pietanza secondo un rituale e porge i piatti ai “Santi” rivolgendo spesso l’espressione “Manciàti, Santuzzi”.
Ad ogni “Sanciseppi” si intona un antico canto popolare, il “Populu mé”. Un lamento che rappresenta la passione e la morte di Cristo.
La sera del 18 marzo il sacerdote del paese benedice la grande tavolata e la festa ricca di colori, musica, folklore e tradizione può iniziare.
Le celebrazioni si concludono il 19 marzo con la Processione per le vie del paese e i tradizionali fuochi d’artificio.