Chiunque si trovi a passare per strade delle montagne sicane non può fare a meno di osservare come il territorio sia stato trascurato dall’intervento pubblico, mantenendo il disagio alle popolazioni locali negli spostamenti. Insegnanti, bidelli, studenti che quotidianamente si spostano da un paese e l’altro per motivi di lavoro o di studio, tornando a casa non hanno la forza per fare altro. E se qualcuno deve prendere l’aereo, allora è bene che metta in preventivo che il viaggio rappresenta un faticosa avventura, tra strade tortuose e traffico rallentato nelle vicinanze di Palermo.
Chi vive nella zona dei monti Sicani è abituato ai disagi che la natura gli ha dato, ma è anche cosciente che si trova in una zona amena che fa concorrenza agli incantevoli paesaggi alpini.
Qui è ancora la natura a prevalere sulle attività di trasformazione, anche se non mancano esempi di tutt’altra natura.
Negli anni cinquanta grazie ad una politica di forestazione sono nate pinete, eucalipteti e lecceti, che, assieme ai boschi naturali o naturalizzati, in seguito diventate le riserve naturali orientate (Monte Cammarata, Monti di Palazzo Adriano con Valle del Sosio, Monte Carcaci, Monte Genuardo con Santa Maria del Bosco).
E’ noto che le riserve naturali orientate costituiscono ecosistemi importanti che, per definizione, sono costituiti da un insieme di esseri viventi, vegetali ed animali, dell’ambiente naturale (riserva – bosco) relativamente uniformi. Da soli gli ecosistemi naturali raggiungono un equilibrio ecologico chiamato “climax”.
E’ il caso di ricordare che nella zona dei monti Sicani la flora è rappresentata da specie interessanti, alcune poco conosciute, la cui conservazione è un preciso dovere dell’uomo di oggi. Lo stesso dicasi della fauna naturale. La biodiversità, rappresentata dall’insieme di tutte le forme viventi geneticamente diverse e degli ecosistemi ad esse correlati rappresentano un patrimonio genetico che va conservato.
La biodiversità è così importante che l’ONU ha dichiarato il 2010 l’anno della biodiversità. Il decennio 2011-2020 è stato dichiarato decennio della biodiversità. Ma già a partire dal 1971 la comunità internazionale ha adottato diverse iniziative per la salvaguardia delle specie viventi e degli habitat naturali. Vi sono infatti diverse convenzioni internazionali (Convenzione di Ramsar del 1971, di Washington del 1973, di Barcellona del 1978, di Berna del 1979, di Bonn del 1983, Convenzione sulla diversità biologica del 1992) e una importante direttiva della comunità europea, la n.92/43/CEE del 1992. L’Italia ha ratificato la Convenzione sulla biodiversità con la legge 124/1994, ma solo nel 2010 è stata adottata la Strategia Nazionale per la biodiversità.
Sull’ondata di un vento ambientalista, ma anche per la necessità di conservare territori più estesi possibili, il legislatore siciliano ha pensato di mettere sotto tutela la zona dei monti sicani con la creazione di un Parco.
Il Parco dei Monti Sicani è stato istituito con decreto del 15/09/2010 pubblicato nella GURS n.47 del 2010.
Esso comprende 12 comuni delle province di Agrigento e Palermo e precisamente: Bivona, Burgio, Cammarata, Castronovo di Sicilia, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Giuliana, Palazzo Adriano, Prizzi, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina, Sambuca di Sicilia
Raggruppa quattro riserve naturali preesistenti: Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio, Monte Carcaci, Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco e Monte Cammarata.
Successivamente il 9/11/2011 il Consiglio di Giustizia Amministrativa ne ha sospeso l’istituzione l’istituzione del Parco.
La sospensione comporta l’interruzione di qualsiasi intervento di natura organizzativa e finanziaria, pertanto l’eventuale programma di sviluppo del territorio del Parco è rimandato a data da destinarsi.
Molti hanno tirato un sospiro di sollievo in quanto la sospensione ha rimandato un serie di divieti, propri del parco, altri invece, che speravano di insediarsi in processo produttivo legato al Parco, hanno visto rimandare, o sfumare, i progetti e programmi.
Vediamo di fare qualche precisazione per amore di chiarezza. Prima però vorrei ricordare che quando l’azienda Foreste negli anni ‘50 realizzava i boschi, di cui oggi godiamo, l’opinione pubblica era contraria perché venivano sottratte alle imprese agricole-zootecniche terreni destinati a pascolo con conseguente riduzione del patrimonio zootecnico e quindi delle imprese operanti nel territorio. Grazie alla aziende Foreste, con tutti i problemi che si possono annoverare, la forestazione è stata una grande risorsa per le popolazioni delle zone interessate sia economica che sociale e questo lo possono testimoniare centinaia di operai forestali che hanno lavorato e che continuano a lavorare.
Quando si parla di Parco si pensa ad una serie di divieti che limitano lo sviluppo delle imprese agricole, artigiane, turistiche, ecc.; di fatto alcune attività subiscono una forte limitazione, ma ciò non toglie che l’istituzione possa portare benefici tali da rendere secondari gli effetti delle limitazioni. Si deve quindi parlare di sviluppo sostenibile.
Il Parco dei Monti Sicani, per la maggior parte è rappresentato dalle superfici delle riserve naturali orientate, dove esistono molti divieti a cui le imprese agricole si sono adattate.
Però, da quanto si legge nell’allegato 2 che disciplina le attività esercitabili ed i divieti operanti in ciascuna zona del Parco, si capisce che sul piatto della bilancia pesano più i divieti e le sanzioni, che gli investimenti di sviluppo, limitando fortemente il diritto di proprietà. Con questo non vengono negati i benefici ambientali per la realizzazione e conservazione di ecosistemi naturali volti alla salvaguardia della biodiversità in un processo di biocenosi naturale.
Così come formulato il decreto di istituzione del Parco e regolamentato dall’allegato 2 (GURS n.47 del 2010) non sembra proprio il massimo in relazione agli obiettivi ed alle aspettative delle pacifiche popolazioni dei monti sicani. Inoltre, il Parco dalla data della eventuale cessazione della sospensione alla piena funzionalità, viste le modalità degli adempimenti, potranno passare oltre venti anni, vanificando in parte le ipotesi di sviluppo.
I sindaci dei comuni interessati alla istituzione del Parco dei Monti Sicani hanno perciò l’importante compito di istituire tavoli tecnici con il compito di studiare le metodologie per trasformare il territorio del Parco in una risorsa di sviluppo e non una limitazione. Le soluzioni, in armonia con le politiche ambientali della comunità europea, dovranno incidere sullo sviluppo e questo è possibile se il problema va studiato da chi è effettivamente interessato.
Bisogna quindi partire dal modificare l’allegato 2 e modificare la futura organizzazione del Parco e dotare la stessa di risorse finanziarie che a lungo andare devono trasformarsi in investimenti produttivi.
Non lasciamo le nostre montagne ad una politica di improvvisazione!