SICILIA – All’indomani della clamorosa mobilitazione nazionale che ha portato al Referendum del 12 e 13 giugno scorso i due quesiti relativi al ritorno ad una gestione pubblica dell’acqua, e ad una esclusione della stessa dalle logiche di profitto, i rappresentanti del Comitato Nazionale Libera Acqua continuano la battaglia per il “Bene Comune”.
Il risultato della consultazione popolare, infatti, da solo non è bastato ad escludere condotte che attentino al grande patrimonio dell’umanità, costituito dall’oro blu, e ai diritti facenti capo a ciascun cittadino.
La vittoria del “si” ha comportato l’abrogazione della norma relativa alla “remunerazione del capitale”, pari al 7% del capitale investito, calcolata sulla base degli investimenti realizzati e di quelli previsti nell’anno solare di riferimento e che incide sulle bollette per una percentuale che oscilla, a seconda del Piano d’Ambito e del Piano degli Investimenti in esso contenuto, fra il 10% e il 25%.
«Nella gestione dell’acqua non devono farsi profitti» si legge sul portale del movimento in cui un “Manuale operativo” fornisce utili indicazioni sulla procedura e sulle fondamenta e ideologiche e, soprattutto giuridiche, della campagna di definita di “Obbedienza Civile”, in quanto non si tratterebbe di «“disobbedire” a una legge ingiusta, ma più semplicemente di avere comportamenti del tutto conformi alle vigenti leggi, così come modificate dagli esiti referendari».
Peraltro – si precisa ancora – «L’effetto di quel voto è scritto molto chiaramente nella sentenza di ammissibilità del 2° quesito referendario (26/2011), nella quale la Corte costituzionale afferma che “la normativa residua è immediatamente applicabile” e “non presenta elementi di contraddittorietà”.
Con la pubblicazione, in data 20 luglio 2011, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 116 è stata sancita ufficialmente e formalmente l’abrogazione, con effetto dal 21 luglio 2011, della norma che consentiva ai gestori di caricare nelle bollette anche la componente della “remunerazione del capitale investito”.
Si tratterebbe dunque di corrispettivi che nulla hanno a che vedere con il “costo” del servizio. Tali somme sarebbero pertanto percepite illegittimamente. A ragion veduta, insieme con CGIL Palermo e FederConsumatori, i rappresentanti del movimento popolare, invitano i cittadini «a richiedere al Gestore la riduzione delle fatture per un importo pari alla componente di costo della remunerazione del capitale investito”, chiedendo contestualmente il rimborso della relativa quota per le fatture pagate a partire dal 21 luglio 2011».
Castronovo di Sicilia, Prizzi, Mezzojuso, Villafrati, Misilmeri, Balestrate, Capaci i primi comuni del Palermitano in cui si è proceduto in tal senso e in cui sono già attivi gli sportelli informativi.