“Il Presepe vivente a Cammarata”:intervista all’autore Padre La Mendola

Padre Vincenzo La Mendola, orgoglioso di essere originario di Cammarata, con il suo libro “Il Presepe vivente di Cammarata” si propone come nuovo storico delle tradizioni popolari. Ci confida che lo ha spinto a scrivere il suo senso del dovere verso la storia: “Il genio dei nostri compaesani, la loro creatività artistica non  devono essere dimenticati, infatti se nessuno ferma la storia scrivendola, essa se ne va in oblio”. Padre La Mendola intende il suo scrivere come servizio che rende omaggio al passato per ricordarlo ai giovani, che non devono dimenticare le proprie radici. Il fatto che il Presepe vivente di cui scrive sia allestito nel suo quartiere San Vito non è proprio un caso, e per lui è un’immensa emozione: “La reviviscenza del mio quartiere significa portare la gente nel cuore di Cammarata per dire chi siamo”.

È importante come Padre La Mendola sottolinei quale sia la particolarità del presepe di Cammarata: esso non solo ripropone il tema della natività, ma anche la società patriarcale e contadina della fine dell’800 e dell’inizio del ‘900. Per riproporre tutto ciò si è creato un filo diretto tra presente e passato perché la gente ha dovuto ascoltare i ricordi dei nonni e dei bisnonni nel tentativo, riuscito, di un recupero della memoria storica, che non è fatta da grandi fatti e da grandi eventi, ma da come si viveva nella semplicità e nella quotidianità in quel periodo. Visitandolo ci si riesce così ad immergere nella magia del Natale e a fare un viaggio culturale nel passato, a compiere cioè un tuffo nella religione e nella tradizione storica. Incoraggiato da Monsignor Liborio Russotto, parroco di San Vito, il libro si apre con un accenno interessante sulle tracce della natività nell’arte religiosa a Cammarata, individuando come il presepe veniva concepito a livello sociale (infatti anticamente tutto era permeato di religiosità). Significativo il breve, ma incisivo, paragrafo che racconta un piccolo fatto storico: la presenza di un presepe animato nel 600 nella chiesa di Sant’Agostino, realizzato con le pecore vive. Con questo ricordo Padre Vincenzo ha voluto dire ai suoi compaesani che non hanno inventato niente di nuovo, ma che si è riallacciato il presente al passato riformulandolo attraverso un’esperienza che già  apparteneva loro: “Non siamo persone venute dal nulla, ma abbiamo una grande storia che va indagata e riscoperta”. Nella riproposizione di arti e mestieri, presenti nel paese tra Ottocento e Novecento, padre Vincenzo ritrova il proposito di creare un museo vivente e animato in cui gli anziani usano i vecchi arnesi e i giovani imparano ad utilizzarli: “E’ un modo di trasmettere cultura in modo plastico e visivo, infatti il presepe punta sull’immagine e stimola la curiosità”. “Noi siamo case le cui fondamenta sono le nostre radici che non dobbiamo mai dimenticare”: con queste parole Padre Vincenzo La Mendola vuole tentare caparbiamente di aiutare i suoi compaesani a riflettere sul valore incommensurabile della propria identità, ricordando loro che, per far questo, occorre legarsi al passato. E noi pensiamo che ci sia proprio riuscito.

intervista Vincenzo La Mendola