In occasione della settimana dedicata in tutta Italia ad iniziative in memoria delle vittime dell’Olocausto, l’Istituto I.S.S. “M. Teresa di Calcutta, ospita lo scrittore Wlodek GoldKorn, autore per Feltrinelli di Il bambino nella neve (2016). L’incontro si terrà martedì 24 gennaio 2017 alle ore 11:00 presso l’Aula Magna del Liceo Scientifico di Cammarata.

Wlodek Goldkorn è stato per molti anni il responsabile culturale de “L’Espresso”. Ha lasciato la Polonia, sua terra nativa, nel 1968. Vive a Firenze. Ha scritto numerosi saggi sull’ebraismo e sull’Europa centro-orientale. È co-autore con Rudi Assuntino di Il Guardiano. Marek Edelman racconta (1998) e con Massimo Livi Bacci e Mauro Martini di Civiltà dell’Europa Orientale e del Mediterraneo (2001) e autore di La scelta di Abramo. Identità ebraiche e postmodernità (2006). Il bambino nella neve (2016)

Wlodek Goldkorn è da molti anni una voce conosciuta della cultura italiana, ha intervistato grandi artisti, scrittori, premi Nobel, e raccontato molte storie – mai la sua personale. Quella di un bambino nato da genitori scampati agli orrori della seconda guerra mondiale, che abitava in una casa abbandonata dai tedeschi in fuga, ancora piena di piatti e mobili provvisti di svastica, che crebbe nel vuoto di una memoria familiare impossibile da raccontare, impossibile da dimenticare, impossibile da vivere.

Oggi la gran parte dei sopravvissuti e dei testimoni diretti della Shoah è scomparsa. Ci sono i loro figli e nipoti, nati e cresciuti dopo, e un grande problema con la Memoria. Włodek Goldkorn che, essendo nato negli anni Cinquanta, appartiene alla “seconda generazione della Shoah” è convinto che “la memoria è solo il nulla su cui cerchiamo di strutturare la nostra identità. Questo racconta il giornalista polacco-italiano Włodek Goldkorn, figlio di ebrei sopravvissuti alla Shoah, nel suo straordinario libro Il bambino nella neve.

Cos’è la memoria? Cos’è il passato? Cosa resta delle vite e delle morti di chi abbiamo amato, di chi ci ha preceduto? Riflessioni universali, che diventano lancinanti quando si applicano al passato di un ebreo, polacco e comunista, cresciuto nel dopoguerra in una patria che l’ha poi rinnegato.

“Poi, capita che nascano i nipotini. E arriva il momento in cui ci si pone la domanda: come dire loro l’indicibile? Come trasmettere la memoria?” Ecco allora un viaggio di ritorno: a Cracovia, a Varsavia, ad Auschwitz, a Bełz•ec, a Sobibór, a Treblinka. E un viaggio nella memoria, da ricostruire, da inventare, da proiettare nel futuro: i genitori, gli amici, gli eroi e le vittime, il ragazzino che gioca con i compagni nel cortile fingendo di essere ad Auschwitz, l’uomo che sceglie Marek Edelman come maestro di vita, il nonno che deve raccontare ai nipoti la storia. Un viaggio che non ha paura di spingersi nel buio più profondo del Novecento, senza perdere la chiarezza dello sguardo, il disincanto di chi sa che ogni ricordo è anche fantasia, che essere figlio dell’Olocausto non significa immedesimarsi nelle vittime ma deve portare alla rivolta. Senza perdere la forza morale di chi pensa che “la venuta del Messia sarà irrilevante.
E per questo dobbiamo fare come se lo aspettassimo”.

“Ma poi, cosa è Auschwitz? Cosa ne rimane? E cosa deve rimanere? Per me, prima di tutto Auschwitz è un cimitero. Il mio cimitero di famiglia.”