PALERMO – L’estate scorsa, nelle piazze dei Sicani, Sindaci, cittadini e rappresentanti dei movimenti a tutela dell’acqua pubblica avevano festeggiato l’approvazione della legge regionale di riforma sull’acqua pubblica, la n. 19 del 11/08/2015 “Disciplina in materia di risorse idriche” , che avrebbe assicurato la continuità della gestione per i Comuni che non avevano consegnato le proprie reti idriche, e garantito ai Comuni che le avevano cedute di scegliere la tipologia di gestione del servizio idrico.

Poi l’impugnazione della legge da parte del Consiglio dei Ministri con le seguenti motivazioni: numerose disposizioni contrastavano con le norme statali di riforma economico sociale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, spesso di derivazione comunitaria, eccedendo in tal modo dai limiti posti alle competenze regionali dall’art. 14, primo comma, dello Statuto speciale della Regione, e violando altresì l’art. 117, secondo comma, lett. e) ed s), Cost., e l’art. 117, primo comma, della Costituzione.

Oggi arriva invece la notizia che la Regione non si è costituita davanti alla Corte Costituzionale per difendere la legge varata dall’Ars. Lo fanno sapere Giampiero Trizzino, ex presidente 5Stelle della commissione Ambiente, e Valentina Palmeri, tra i coordinatori dei lavori che hanno portato la scorsa estate all’approvazione della riforma. “Finisce il sogno dell’acqua pubblica in Sicilia – commenta Trizzino -. L’assessore Contrafatto ha annunciato oggi in commissione Ambiente che la Regione non si è costituita davanti alla Corte costituzionale per difendere la legge varata dall’Ars. È un fatto di una gravità inaudita, che vanifica anni di lavoro e mortifica le aspirazioni dei cittadini che col referendum avevano dato un’indicazione inequivocabile”.

“In seguito a questa affermazione – dice – in commissione è scoppiato il finimondo e ce n’erano tutte le ragioni. Anni di lavoro buttati a mare a causa di una decisione onestamente incomprensibile”.

“E’ la conferma – sostiene Valentina Palmeri – che non c’è la volontà politica di regolamentare il settore dell’acqua in Sicilia e di mettere mano al sistema di potere che controlla il settore grazie all’attuale deregulation. Un fatto che va imputato non solo al governo, ma anche alla maggioranza che lo sostiene”.