Riceviamo & Pubblichiamo: lettera di un sangiovannese sul lutto cittadino del 13 e 14 ottobre scorso

RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO – Di seguito pubblichiamo una lettera inviataci da un cittadino sangiovannese, Antonino Margagliotta,  indirizzata al Sindaco e al Presidente del Consiglio Comunale di San Giovanni Gemini.

Al sig. Sindaco del Comune di San Giovanni Gemini

Al sig. Presidente del Consiglio Comunale

Egregio Sindaco,

il lutto cittadino rende percettibile l’appartenenza dei singoli individui allo stesso insieme, cosa che avviene quando un “nemico comune” issa vessilli minacciosi all’orizzonte, superando, almeno temporaneamente, le contraddizioni e le contrapposizioni che la attraversano, nel nome di un “guardare altrove” che specificherò più avanti.
L’insieme, “i sangiovannesi”, d’improvviso rinato nella sua unicità e nella sua unitarietà – come avviene nei momenti di festa – è tale, cioè è un soggetto “altro” dai singoli cittadini, proprio perché l’eccezionalità della proclamazione vuole mettere in luce la necessità che, oltre la riflessione individuale sui tragici eventi di questi giorni, nasca, si sviluppi, giunga a compimento, una riflessione collettiva. Si vuole, se si vuole, che si producano le premesse per i cambiamenti socio-culturali, e non solo la semplice condivisione di un dolore.
L’”altrove” cui accennavo, prego si legga con la massima attenzione, cioè l’argomento stesso guardato dal lutto, è un luogo dove non trova patria la drammaticità della morte di Concetta e della signora Angelina – le “vittime” – né quella della morte di Mirko Lena – il “carnefice”; di conseguenza, dico esserne estranei l’idea del femminicidio e la criminalizzazione in atto; questo luogo è abitato da poche e complesse categorie: l’angoscia del dolore, la diversità.
Questo è sufficiente perché il mio pensiero venga percepito come nettamente divaricato rispetto allo scritto con il quale il Gruppo di Opposizione contesta la decisione sindacale di estendere il lutto cittadino al giorno dei funerali di Mirko.

Scrivo “angoscia del dolore” e non, dolore, perché la terrificante idea che il dolore si potesse ripetere inalterato e continuamente, con la stessa intensità ogni giorno, nella vita di Mirko è l’inespresso, il non-detto, il non razionalizzato, l’incompreso, il nodo non sciolto la cui soluzione ha preteso il gesto drammatico: rendere la donna perduta “non perduta”, con-sorte, appunto. Questo scrivo, aderendo al necrologio degli amici di Mirko, perché sia centrale la dimensione di questa angoscia che ha totalmente “compreso” Mirko, subordinando a sé i suoi gesti, e non poteva essere il viceversa, senza un adeguato aiuto esterno. Ha agito l’angoscia, non Mirko, come appare; Mirko è vittima di questa angoscia.

Con il tema della diversità, la mia critica della società diventa necessariamente radicale.
Il muro che Insieme per San Giovanni vorrebbe erigere tra Mirko e Concetta (e la madre), in realtà esisteva tra i due giovani e il resto della comunità, nella misura in cui la manifestazione delle loro differenze rispetto alla visione “canonica” dei giovani che l’immaginario della nostra generazione ha ereditato da quella precedente, turbava il mantenimento della tranquillità catto-borghese; infatti, si può essere “differenti”, purchè non lo si manifesti pubblicamente.
Ambedue molto critici, indifferenti alla costruzione di vite “ordinarie” secondo il modello “studio, lavoro, casa, famiglia”, agnostici (credo, anzi, atei); la società sangiovannese, conservatrice, reazionaria, ipocrita, che guardava con diffidenza a Concetta “con i libri in mano” e a Mirko, “sempre vestito di nero, strano, solitario”, dopo avere controllato le loro esistenze per limitarne gli effetti degenerativi, ha operato la sterilizzazione postuma della loro memoria, privandola dell’alterità, avvertita come minaccia. Il rito purificatorio ha avuto luogo in Chiesa, dove probabilmente mai avrebbero chiesto esequie, dove non mettevano piede da un secolo. E’ la Chiesa che detiene il canone omologante, che rende accettabile l’inaccettabile, normalizzando ciò che è fuori dalla norma, che sintetizza e richiama i soliti “valori”: la famiglia, l’educazione, dio, la giustizia divina, i doveri, il peccato.
Prima ancora che sia suscitata dalla volontà politica, la società si organizza per eliminare la minaccia, anche nella forma più lieve di memoria; società è implicitamente conservazione.

Ma il lutto cittadino ha anche un contenuto affettivo, empatico: vuole esprimere vicinanza e solidarietà a chi soffre. Se questo fine è autenticamente voluto, non può escludere coloro che in questo momento – credo – sono meno attrezzati rispetto al sopraggiungere del dolore, che sopraggiunge inaudito anche a causa della colpevolizzazione di Mirko: i suoi familiari.

Ho scritto idee di cui sono profondamente convinto, spinto dal desiderio di sottrarre la memoria di questi miei amici alla retorica. Credo che le istituzioni possano discutere gli eventi senza citare frasi come “disagio giovanile”, o parole già credute e ora incredibili, come “valori”. In questo senso, per me, il Sindaco è chiamato ad avere coraggio: ciò che è avvenuto è l’antitesi della festa di Gesù Nazareno: si fà festa per esorcizzare l’idea della morte; si fà lutto per evocare l’etica della morte.

Palermo, 18 ottobre 2014

Antonino Margagliotta