Villalba, Favata querela Bordenga per diffamazione

FavataVILLALBA –  Il consigliere del partito d’opposizione Villalba Futura ha sporto querela per diffamazione nei confronti del presidente del consiglio Salvatore Bordenga; l’accusa si riferisce a quanto accaduto nel corso dell’animata seduta dello scorso 28 febbraio quando Bordenga ha, rivolgendosi a Favata, utilizzato più volte la parola “fascista”.
La notizia è stata diffusa da un comunicato della Fondazione PSI- Partito Socialista Italiano nel quale Favata ha un noto passato come dirigente di spicco. Vantando dunque un lungo impegno politico nei ranghi della sinistra, Favata ha ritenuto di essere stato particolarmente leso nella sua immagine e reputazione da tale offensivo epiteto rivoltogli “in modo gratuito” da Bordenga. Ha così deciso di presentare una querela presso la stazione dei Carabinieri di Villalba, nella quale ha espressamente voluto sottolineare il significato particolarmente denigratorio ed oltraggioso che l’espressione “fascista” assume per un politico che si è sempre identificato nei valori e nelle convinzioni del movimento operaio e contadino che contrastano indubbiamente con quelli del fascismo italiano.
La Corte di Cassazione si è in passato espressa numerose volte circa la sussistenza di reato nel caso in cui una persona venga apostrofata come “fascista” rilevando l’importanza che il contesto e la posizione sociale della parte offesa assumono. Secondo la V sezione penale infatti, se “dare gratuitamente del fascista ad un comune cittadino è offensivo perché mira a dipingere lo stesso come arrogante e prevaricatore, riferirlo ad un politico, che peraltro esercita rilevanti poteri pubblici, è espressione di critica perché si paragona il modo di governare e di amministrare la cosa pubblica dello stesso ad una prassi ben nota ai cittadini”. Nella sentenza n. 29433 si legge inoltre “La critica politica consente l’utilizzo di espressioni forti ed anche suggestive al fine di rendere efficace il discorso e richiamare l’attenzione di chi ascolta. Il limite all’esercizio di tale diritto e’ costituito dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che comunque non si trascenda in gratuiti attacchi personali”.
Argomento di cui si è molto discusso anche in Francia quando il leader del partito di estrema sinistra Front de Gauche Jean-Luc Melenchon è stato querelato per ingiuria per aver utilizzato, durante uno show televisivo nel 2011, l’espressione “fascista” riferendosi a Marine Le Pen del Front National. E proprio nei giorni scorsi il tribunale di Parigi si è espresso con una sentenza di assoluzione per non aver commesso reato legittimando dunque l’utilizzo di questa o altre espressioni forti quando utilizzate tra avversari politici su temi politici.
Tuttavia le numerose voci di dissenso circa quanto sancito da tali sentenze, continuano a ritenere l’appellativo “fascista” profondamente offensivo e denigratorio in qualunque contesto esso venga pronunciato; il significato di mancanza di democrazia, di atteggiamento prepotente e prevaricatore cha tale termine suscita nel pensiero comune sarebbe, secondo questi pareri discordi, un’aggravante che aumenta la portata dell’ingiuria che non può essere giustificata neanche in ambito di critica politica.

Flavia Fruscione